Finalmente, un grosso respiro di sollievo, non se ne poteva più, un vero e proprio
stillicidio che ci ha logorato quasi più che la stessa persona interessata, ovvero
Patrick Zaki, ora libero è arrivata la grazia concessa dal presidente Al Sisi (premier
Egiziano), un provvedimento che pone fine alla disavventura di Zaki iniziata il
20/02/2020, tre anni e mezzo di sofferenze di rinvii di speranze di delusioni.
Grazie a
tutta la comunità italiana e internazionale, tra i più noti Amministy International,
l’Università di Bologna, Comune di Bologna a tutte le persone che a vario titolo sono
state coinvolte, compreso chi per ragioni di ufficio ne ha preso parte, come il
Ministero degli Affari Este, i i rami diplomatici, il cui lavoro è stato fondamentale per il
raggiungimento dell’obiettivo, e a tutte le associazioni che si sono fatte parte attive per
la liberazione di una persona che nulla ha fatto se non esprimere le proprie opinioni, tra queste anche noi del Francesca Centre.
Alla cittadinanza, in particolare quella
bolognese, sempre presente e attiva nel manifestare contro decisioni ingiuste.
Al di là di tutte le congetture sul chiedersi se c’è una strategia nella liberazione di Zaki
e al di là della retorica dell’euforia e della gioia; che ci sta tutta: la cosa veramente
importante è che ad una persona innocente gli sia stata restituita la libertà. Ma
ovviamente la riflessione va oltre l’analisi politica e i ragionamenti capziosi che si stanno
facendo.
Ora dobbiamo chiederci, e noi come associazione ce lo siamo chiesti e ce
lo chiediamo sempre come Francesca Centre, associazione, che è bene ricordarlo
è contro ogni violenza, contro ogni arroganza, contro ogni sopraffazione e
prepotenza: com’ è possibile che nel 21 secolo possa ancora esistere un regime che
può infliggere anni di carcere, di restrizione personale della libertà, per aver espresso
solo e soltanto opinioni? Tra l’altro montando una serie di accuse con lo scopo palese
di punire severamente chi non la pensa come te, fino al punto da essere privato della
vita stessa, come è successo al nostro Giulio Regeni.
E’ evidente che c’è qualcosa che non
quadra in questo mondo, che c’è ancora una parte di questo dove si sono globalizzati
i beni e i servizi ma non anche i diritti, la civiltà si ferma di fronte ad interessi non solo
di paesi, nazioni ma addirittura di interessi personali e/o personalistici. Si negano i
diritti umani e spesso anche il diritto alla vita, si violano i diritti fondamentali senza
alcuna vergogna. Il mondo globalizzato sta producendo paradossi ormai non più
accettabili.
Sotto quest’ultimo aspetto dobbiamo spingerci a rivedere le nostre
posizioni che, anche se appaiono al sicuro, sono esse stesse minacciate, anche qui in
occidente. Tutto quello che abbiamo costruito e conquistato con le lotte fin dalla
Resistenza, potrebbero essere messe in discussione: bisogna vigilare sempre, lottare
con la consapevolezza che la democrazia e il vivere secondo regole di civiltà, sono
purtroppo ancora fragili. Ci sono ancora troppi posti dove la vita non conta nulla, meno
di zero, ci sono ancora situazioni che non riusciamo nemmeno a immaginare e allora
la vera sfida, ovvero il rispetto della vita, è il punto da dove incominciare.
Non
possiamo credere che qualsiasi regime qualsiasi ordinamento qualsiasi persona possa
togliere la libertà o anche la vita a qualsivoglia persona perché la pensa diversamente.
E’ ora di dire basta alle prepotenze di regime e non solo, in Egitto, così come al conflitto
Russo/Ucraino, ed in tutti i conflitti nel mondo a qualsiasi latitudine.
Giacomo Moncada